Il Morbo di Crohn rappresenta una patologia infiammatoria a carico dell’intestino, la quale può interessare vari tratti dello stesso ma, nella maggioranza dei casi, si manifesta a carico del tratto terminale del tubo digerente, noto come colon. Può interessare sia il colon ascendente (generando un dolore maggiormente concentrato sul lato destro dell’addome), sia quello discendente (lato sinistro) oppure interessare l’intero tratto, comprensivo del segmento intestinale che unisce l’ascendente al discendente (noto come trasverso), risultando in un dolore sistemico addominale localizzato in corrispondenza dell’ombelico. Contrariamente a quanto si possa pensare, spesso questa patologia è connessa con uno stato di denutrizione dovuto ad un mal assorbimento di alcuni nutrienti (soprattutto vitamine e sali minerali) nonché, trattandosi di uno stato infiammatorio, di formazione di gonfiore dovuto alla fermentazione di alimenti mal digeriti che porta alla produzione di ingenti quantità di gas intestinale. Sebbene l’alimentazione non possieda alcuna capacità curativa su questa patologia, essa rappresenta comunque un tassello di un mosaico di corrette abitudini che non deve assolutamente essere trascurato. Diventa infatti fondamentale fornire al nostro intestino degli alimenti facili da digerire, non eccedendo in grassi o cibi ‘pesanti’ ma neanche in fibre, naturalmente considerate salutari ma che, in questi casi, possono favorire la peristalsi intestinale rischiando di svolgere un ruolo pro-infiammatorio. Nello schema riportato in figura, riporto un elenco di alimenti che sarebbe meglio evitare (o ridurre fortemente) nel caso dell’alimentazione di un soggetto sofferente di Morbo di Crohn, limitatamente ai periodi di maggiore incidenza della patologia. Se è infatti vero che, quando la sintomatologia appare maggiormente invalidante, è bene eliminare tutti questi alimenti dalla dieta, nei periodi in cui i sintomi appaiono gestibili oppure non si manifestano, è possibile assumere, senza eccedere, alcuni degli alimenti riportati tra quelli ‘sconsigliati’ nello schema, meglio se in piccole porzioni (un esempio su tutti, i legumi, specie se decorticati e/o frullati). All’eliminazione (o riduzione) di questi alimenti, deve seguire la messa in atto di importanti strategie alimentari, spesso classificabili come corrette abitudini:
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Quando si parla di allergia, purtroppo, ci si riferisce ad una risposta fornita dal nostro sistema immunitario a delle sostanze o molecole che vengono riconosciute come ‘estranee’.
Le allergie sottendono una problematica nota come cross-reattività, ossia il fatto che molti alimenti, quali le principali tipologie di frutta e verdura corrispondenti alla stagione di fioritura delle piante di questa famiglia, possano contenere al loro interno delle proteine che hanno degli analoghi nei pollini che causano l’allergia. Questa cross-reattività può causare una risposta allergica anche in assenza del polline ma in conseguenza dell’assunzione di un alimento contenente queste proteine. Ovviamente, al variare del polline, cambiano le proteine causa di cross-reattività e, dunque, gli alimenti che possono causarla. In generale, la frutta e la verdura, specie se crude, possono presentare maggiori quantità di queste proteine dunque consiglio, soprattutto nelle fasi di acuta risposta allergica, di limitare l’assunzione di questi alimenti, specie se crudi. Cercare di gestire, nei limiti del possibile, la reazione allergica con l’alimentazione, è difficile. Sicuramente è utile mantenere in salute il nostro intestino dato che la flora batterica intestinale rappresenta i 2/3 del nostro sistema immunitario: dunque largo spazio alle fibre solubili quali la pectina, molto abbondante in frutti quali le mele. Queste ultime sono anche ricche in quercitina, un potente antiossidante utile per limitare la fenomenologia allergica. A tal riguardo, sempre per lo stesso motivo, un aiuto viene dal resveratrolo, anch’essa una molecola antiossidante, presente nell’uva rossa e nel vino rosso. Quindi spazio ad un bicchiere di vino rosso a pasto. Altre categoria di molecole con azione di contrasto ai fenomeni allergici sono il beta-carotene (largo spazio a tutte le verdure gialle, arancioni e rosse) e tutti gli alimenti vegetali ricchi in vitamina C (tra i principali, gli agrumi, i kiwi ma anche alcune verdure come le Brassicacee, ossia cavoli, cavolfiore, broccoli, broccoletti e verza) Infine, molto utili sono gli Omega 3, veri e propri alleati nella riduzione dei sintomi allergici e abbondanti nel pesce azzurro o nel salmone ma presenti anche nei semi di lino, meglio se macinati al momento in cui devono essere mangiati. Altro alimento ricco in precursori di Omega 3 sono le noci e le mandorle ma, al riguardo, sconsiglio di abusarne proprio a causa della loro cross-reattività con alcuni pollini, in primis quelli delle Graminacee. Una particolarità: sebbene sia difficile da trovare, l’ortica è un vero alleato nella gestione delle allergie! Spesso questa espressione sta a significare che la nostra vita ci sta mettendo di fronte ad una problematica, di varia entità, che richiederà impegno per essere risolta. Molto spesso infatti si usa l’espressione tipicamente romana ‘e mo so cavoli!’ per indicare la situazione nella quale una data azione porterà a delle conseguenze sgradite. Dunque quasi sempre, nelle espressioni gergali, il termine ‘cavolo’ viene usato per indicare qualcosa di negativo, sconveniente, problematico. Ciò è causato, storicamente, da un fattore connesso con la cottura di questi alimenti, ossia l’odore molto fastidioso che viene sprigionato al momento della loro cottura, comunque facilmente gestibile e limitabile aggiungendo del succo di limone o di aceto nell’acqua di cottura. C’è poi da dire che questo odore è un marchio di fabbrica delle indiscusse e molteplici proprietà delle molte varianti di cavoli che potrebbero presentarsi nulle nostre tavole: si tratta infatti di derivati solforati liberati durante la cottura e dovuti alla ricchezza in minerali e vitamine di questi prodotti, soprattutto potassio e fosforo ma anche calcio, selenio, magnesio e rame nonché vitamina C, E, K e vitamine del gruppo B (soprattutto B1, B2, B3, B5, B6 e B9). Per quanto riguarda la vitamina C, il suo contenuto nei cavoli è pari (se non, in alcune varianti, anche superiore) a quello degli agrumi, sebbene sia da tenere in considerazione l’effetto che la cottura causa su questo nutriente. Trattandosi di una vitamina termolabile, le alte temperature cui è soggetta durante la cottura, tendono ad inattivarla abbassando drasticamente il suo contenuto nel prodotto cotto. Per questo motivo sarebbe preferibile, quando possibile, consumare questa verdura da cruda o, al massimo, dopo una cottura rapida possibilmente in poca acqua o, meglio ancora, al vapore o al microonde. La ricchezza in tutti questi micronutrienti bene si abbina anche alla composizione di questi prodotti, essendo costituiti per la maggior parte (tra il 90 ed il 92%) da acqua e ricchi in fibre, con una buona quantità di proteine (circa il 2.5% ed tra l’1 e il 2% della massa commestibile, rispettivamente). La povertà in grassi e zuccheri semplici associabile alla ricchezza di fibre insolubili, li rende dunque un cibo assolutamente ipocalorico ma dall’alto potere saziante, ben inseribile, dunque, in qualsiasi regime alimentare finalizzato alla gestione del peso. Le fibre aiutano infatti l'apparato gastro-intestinale garantendo un corretto transito ed aumentando il volume delle feci; i macro e microelementi di cui sono ricchi i cavoli, possiedono provate proprietà antinfiammatorie. L'infiammazione è anche la causa principale di molte malattie come artrite, patologie cardiache e autoimmuni, in triste aumento negli ultimi decenni a causa degli stili di vita sempre più frenetici e della crescente sedentarietà. Tra le altre proprietà dei cavoli, spiccano quelle antiossidanti, dovute alla presenza di molecole capaci di rallentare l’invecchiamento cellulare e, dunque, di contribuire anche alla prevenzione di varie forme tumorali, non solo dell’apparato gastroenterico ma anche di altri distretti corporei (per esempio, dei polmoni e del fegato ma anche della prostata, grazie alla ricchezza in beta-carotene). Tra queste molecole spiccano gli Isotiocianati, ovvero composti in grado di dare inizio ad un meccanismo che è in grado di bloccare il diffondersi e la proliferazione delle cellule tumorali. Esistono moltissime varietà di cavoli; di alcuni si usa l’infiorescenza (broccolo, cavolfiore, broccoletti) o il bocciolo (per esempio i cavoletti di Bruxelles); di altri si usano invece delle strutture fogliari più o meno complesse (tutti i cavoli veri e propri, quali il cavolo nero, il cavolo cappuccio o il cavolo rosso, ma anche il cavolo verza). Per evitare che perdano parte delle loro proprietà, sarebbe importante consumarli entro 3-4 giorni da quando vengono acquistati, avendo cura di scegliere quelli che non presentino foglie esterne rovinate o appassite e dal colore uniforme e conservandoli sempre in frigorifero. UN SUGGERIMENTO: In un’epoca in cui estratti e frullati vanno molto di moda, perché non provare ad abbinare il cavolo crudo con del limone, dello zenzero ed una o due carote, in modo da ottenere un ricostituente con la R maiuscola, utile a contrastare possibili carenze vitaminiche ed a garantire un rapido recupero da situazioni di notevole affaticamento (per esempio, dopo lo sport). Le vitamine rappresentano una categoria di composti chimici contenuti nei nostri alimenti i quali intervengono e presiedono alle principali funzioni fisiologiche. In primis, sono straordinari antiossidanti – antiage – che aiutano a combattere il naturale invecchiamento cellulare legato all’accumulo di molecole di scarto, note come cataboliti. I cataboliti, aumentando in numero e concentrazione, possono portare a sofferenza cellulare fino alla morte delle cellule stesse, con conseguenze dirette sulla funzionalità di interi organo e tessuti (un esempio e l’alterazione della regolazione della replicazione cellulare che può portare ad un aumento esponenziale del numero di cicli con conseguente formazione di masse cellulari di origine cancerosa).
Un altro ruolo chiave delle vitamine è quello di catalizzatori di reazione biochimiche: sono dei veri e propri assistenti delle nostre molecole, utili a far si che esse svolgano correttamente tutti i naturali processi biologi che stanno dietro al regolare funzionamento del nostro corpo (produzione energetica, processi digestivi, produzione di ormoni ecc…). Purtroppo si tratta di molecole altamente instabili, dunque possono essere facilmente inattivate da diversi agenti chimico/fisici. Uno su tutti, è la temperatura, la quale può giocare un ruolo chiave sia nella conservazione degli alimenti ricchi in vitamine (e sali minerali) sia anche durante la cottura. Questa considerazione è vera per quelle vitamine note come ‘termolabili’, ossia sensibili ad una variazione della temperatura. Tra esse rientrano tutte le vitamine del gruppo B. La cottura con acqua (per esempio come conseguenza della bollitura delle verdure) può portare ad una sostanziale perdita vitaminica dagli alimenti anche a causa di un altro agente responsabile del deperimento vitaminico degli alimenti, ovvero l’acqua. In questo caso le vitamine ‘sensibili’ prendono il nome di ‘idrosolubili’ in quanto l’acqua agisce da vero e proprio mezzo di dispersione dei tali vitamine le quali si allontanano dall’alimento e si perdono nella pentola. A tal fine, se si decide di usare questa metodologia di cottura, può risultare sicuramente utile la strategia di non gettare, bensì di riutilizzare, il liquido di cottura (sotto forma di minestre o passate insieme alla verdura appena cotta). Le vitamine idrosolubili sono le vitamine del gruppo B e la vitamina C. Anche l’esposizione all’aria può rappresentare un problema per quelle vitamine dette ‘fotolabili’ (vitamina A ed E), ossia quelle vitamine che, reagendo con l’ossigeno contenuto nell’aria, perdono la loro funzione biologica e si ‘inattivano’. Tali vitamine possono anche reagire con la luce in quanto la stessa consente alle molecole di cambiare la loro struttura, passando da una forma biodisponibile (utilizzabile con la dieta) ad una non biodisponibile, che dunque attraversa tutto il nostro tubo digerente senza che noi riusciamo ad immagazzinarla. Dunque il contenuto vitaminico di un alimento può diminuire, fino ad annullarsi, in conseguenza di metodologie di conservazione/cottura non idonee o alterative della struttura chimica di queste molecole. In conclusione, la migliore strategia da seguire dovrebbe essere quella di comprare e consumare nello stesso giorno verdura e frutta, possibilmente a crudo. Se ciò non fosse possibile, conservare idoneamente i prodotti (per esempio, anche se in frigorifero, all’interno di sacchetti scuri, non trasparenti, per evitare la perdita di vitamine ad opera della luce) e cuocerli in modo rapido, senza eccedere nell’uso dell’acqua o, meglio ancora al vapore, potrebbe garantire di preservare la maggior quantità di questi validissimi alleati alimentari. |
AutoreLorenzo Traversetti, Biologo Nutrizionista esperto in nutraceutica e dietetica applicata alla gestione della forma fisica e di stati patologici Archivi
Novembre 2018
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