L’indice glicemico (IG) rappresenta il potere di ogni alimento di innalzare i livelli di glicemia (ovvero di glucosio, uno zucchero proveniente dal cibo) intestinale, portando di conseguenza il pancreas a produrre insulina. Questo ormone interviene sulle cellule intestinali spingendole ad assorbire questa mole di zuccheri. E’ dunque consigliabile scegliere di consumare prodotti con un basso IG per limitare la quantità di zucchero immagazzinata e, dunque, anche i livelli di insulina prodotti. A tal fine, riporto di seguito una tabella con gli alimenti ‘migliori’, ovvero quelli con un IG basso o medio/basso (tra parentesi è riportato il loro IG). I valori di glicemia ed insulinemia in rialzo tra il 90’ e il 120’ potrebbero effettivamente indicare una situazione nota come pre-diabete (o insulino resistenza). Per riuscire a riportare la glicemia a valori normali è necessario diminuire le calorie e la quantità di grassi saturi e carboidrati, in particolare di quelli semplici (dolci, bevande zuccherate, succhi di frutta industriali, merendine, cioccolatini nella dieta) e, soprattutto, aumentare l'attività fisica, facendola diventare una costante giornaliera, non necessariamente da intendersi come sport ma anche, semplicemente, come stile di vita attivo quotidiano.
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Per troppo tempo si è ritenuto fondato l’assunto che mangiare salumi possa nuocere alla salute e, ancora di più, alla prestazione fisica/atletica.
Negli ultimi 20-25 anni, i consorzi di tutela alle spalle dell’intera filiera di produzione di questi alimenti, hanno consentito dei passi da gigante verso il raggiungimento di standard qualitativi di questi prodotti, molto più in linea con quelli che dovrebbero essere gli apporti giornalieri dei vari nutrienti, siano essi macro o micro. Per citare alcuni numeri ed alcune categorie, partiamo dai grassi, vero tallone d’Achille di questa categoria di alimenti. Basti pensare che dal 1993 ad oggi, la quantità di grassi saturi contenuti, in media, nei salumi, è scesa fino a toccare valori massimi del 30% sul totale del prodotto, con alcuni di essi a farla letteralmente da padrone (per esempio, la bresaola della Valtellina DOP contiene solamente il 2% del totale del suo peso rappresentato da grassi saturi). Al contempo, i miglioramenti apportati a tutti i passaggi produttivi, partendo dall’alimentazione più sana fornita agli animali fino ad arrivare ad una gestione più attenta della lavorazione del prodotto, hanno fatto si che i grassi insaturi (in gergo, quelli buoni), raddoppiassero dal 30% al 60%. Questa categoria di macronutrienti rappresenta un alleato del recupero post-allenamento, garantendo di migliorare la gestione dei depositi adiposi, la fluidità delle membrane e, dunque, consentendo un ottimale funzionalità del nostro sistema circolatorio. Altro aspetto che rende questi alimenti utili ai fini del recupero post-esercizio fisico, è rappresentato dal loro contenuto in sali minerali. Sudare, infatti, porta a perdere grandi quantità di questi micronutrienti, compreso il tanto temuto sodio, che devono necessariamente essere reintegrati. Troppe persone pensano che bevande commerciali delle quali non farò il nome, troppo facilmente rinvenibili negli scaffali dei supermercati o nei distributori automatici, siano un toccasana per agevolare questo recupero, senza pensare però alla gran quantità di zuccheri semplici che tali bevande possiedono. Ebbene, perché non reintegrare con un panino integrale con della bresaola o della fesa di tacchino? 50g di questi alimenti possono arrivare a fornire fino al 15-16% del nostro fabbisogno giornaliero di potassio che, come molti sanno, è il primo alleato nella ‘lotta’ contro l’affaticamento muscolare e contro la comparsa di crampi. Per non parlare delle vitamine, soprattutto quelle del gruppo B (in particolare B1, B2, B3, B6 e B12), anch'esse nettamente incrementate in abbondanza negli ultimi 20-25 anni, vero e proprio alleato nell'ottimizzazione della produzione energetica dagli alimenti e quindi fondamentali per rifornire i nostri muscoli di tutta l'energia di cui abbiamo bisogno. E se è vero che fare sport innalza i valori di radicali liberi, approfittiamo dell'altissimo contenuto in vitamina E dei salumi, ottimo antiossidante in grado di combatterli. Infine gli aminoacidi ramificati, aminoacidi essenziali, proteine idrolizzate, proteine da siero del latte, ecc ecc… quanti soldi spesi nell’acquisto di questi prodotti… tutti riccamente presenti nei salumi, abbinati anche ad un buon sapore! Dunque perché non prendere l’abitudine di fare un panino integrale con dei salumi non eccessivamente grassi, alla fine dello sforzo fisico? Salute, gusto, sazietà… tutto combinato in un rapido e piacevole snack da consumare alla fine di un allenamento, appagante sotto tutti i punti di vista. Il Morbo di Crohn rappresenta una patologia infiammatoria a carico dell’intestino, la quale può interessare vari tratti dello stesso ma, nella maggioranza dei casi, si manifesta a carico del tratto terminale del tubo digerente, noto come colon. Può interessare sia il colon ascendente (generando un dolore maggiormente concentrato sul lato destro dell’addome), sia quello discendente (lato sinistro) oppure interessare l’intero tratto, comprensivo del segmento intestinale che unisce l’ascendente al discendente (noto come trasverso), risultando in un dolore sistemico addominale localizzato in corrispondenza dell’ombelico. Contrariamente a quanto si possa pensare, spesso questa patologia è connessa con uno stato di denutrizione dovuto ad un mal assorbimento di alcuni nutrienti (soprattutto vitamine e sali minerali) nonché, trattandosi di uno stato infiammatorio, di formazione di gonfiore dovuto alla fermentazione di alimenti mal digeriti che porta alla produzione di ingenti quantità di gas intestinale. Sebbene l’alimentazione non possieda alcuna capacità curativa su questa patologia, essa rappresenta comunque un tassello di un mosaico di corrette abitudini che non deve assolutamente essere trascurato. Diventa infatti fondamentale fornire al nostro intestino degli alimenti facili da digerire, non eccedendo in grassi o cibi ‘pesanti’ ma neanche in fibre, naturalmente considerate salutari ma che, in questi casi, possono favorire la peristalsi intestinale rischiando di svolgere un ruolo pro-infiammatorio. Nello schema riportato in figura, riporto un elenco di alimenti che sarebbe meglio evitare (o ridurre fortemente) nel caso dell’alimentazione di un soggetto sofferente di Morbo di Crohn, limitatamente ai periodi di maggiore incidenza della patologia. Se è infatti vero che, quando la sintomatologia appare maggiormente invalidante, è bene eliminare tutti questi alimenti dalla dieta, nei periodi in cui i sintomi appaiono gestibili oppure non si manifestano, è possibile assumere, senza eccedere, alcuni degli alimenti riportati tra quelli ‘sconsigliati’ nello schema, meglio se in piccole porzioni (un esempio su tutti, i legumi, specie se decorticati e/o frullati). All’eliminazione (o riduzione) di questi alimenti, deve seguire la messa in atto di importanti strategie alimentari, spesso classificabili come corrette abitudini:
Quando si parla di allergia, purtroppo, ci si riferisce ad una risposta fornita dal nostro sistema immunitario a delle sostanze o molecole che vengono riconosciute come ‘estranee’.
Le allergie sottendono una problematica nota come cross-reattività, ossia il fatto che molti alimenti, quali le principali tipologie di frutta e verdura corrispondenti alla stagione di fioritura delle piante di questa famiglia, possano contenere al loro interno delle proteine che hanno degli analoghi nei pollini che causano l’allergia. Questa cross-reattività può causare una risposta allergica anche in assenza del polline ma in conseguenza dell’assunzione di un alimento contenente queste proteine. Ovviamente, al variare del polline, cambiano le proteine causa di cross-reattività e, dunque, gli alimenti che possono causarla. In generale, la frutta e la verdura, specie se crude, possono presentare maggiori quantità di queste proteine dunque consiglio, soprattutto nelle fasi di acuta risposta allergica, di limitare l’assunzione di questi alimenti, specie se crudi. Cercare di gestire, nei limiti del possibile, la reazione allergica con l’alimentazione, è difficile. Sicuramente è utile mantenere in salute il nostro intestino dato che la flora batterica intestinale rappresenta i 2/3 del nostro sistema immunitario: dunque largo spazio alle fibre solubili quali la pectina, molto abbondante in frutti quali le mele. Queste ultime sono anche ricche in quercitina, un potente antiossidante utile per limitare la fenomenologia allergica. A tal riguardo, sempre per lo stesso motivo, un aiuto viene dal resveratrolo, anch’essa una molecola antiossidante, presente nell’uva rossa e nel vino rosso. Quindi spazio ad un bicchiere di vino rosso a pasto. Altre categoria di molecole con azione di contrasto ai fenomeni allergici sono il beta-carotene (largo spazio a tutte le verdure gialle, arancioni e rosse) e tutti gli alimenti vegetali ricchi in vitamina C (tra i principali, gli agrumi, i kiwi ma anche alcune verdure come le Brassicacee, ossia cavoli, cavolfiore, broccoli, broccoletti e verza) Infine, molto utili sono gli Omega 3, veri e propri alleati nella riduzione dei sintomi allergici e abbondanti nel pesce azzurro o nel salmone ma presenti anche nei semi di lino, meglio se macinati al momento in cui devono essere mangiati. Altro alimento ricco in precursori di Omega 3 sono le noci e le mandorle ma, al riguardo, sconsiglio di abusarne proprio a causa della loro cross-reattività con alcuni pollini, in primis quelli delle Graminacee. Una particolarità: sebbene sia difficile da trovare, l’ortica è un vero alleato nella gestione delle allergie! Buongiorno e buon Santo Stefano a tutti, il post di oggi vuole essere un inno ad uno dei piatti che, in molte tradizioni, domina sulle tavole in questo giorno di festa, ovvero il brodo di carne. Questo piatto viene preparato in modo molto semplice lessando la carne (generalmente di gallina e di vitella) insieme ad alcune verdure, tipicamente contenute in un caratteristico soffritto (sedano, carota e cipolla). Mediante alcuni accorgimenti, è possibile rendere questa portata anche molto salutare dal punto di vista nutrizionale. In primis, i pezzi di carne dovrebbero essere immersi nell’acqua fredda, portando il liquido lentamente ad ebollizione. In questo modo si garantisce un lento rilascio di grassi e liquidi fisiologici contenuti nella carne stessa, i quali rendono il brodo saporito e soprattutto nutriente. Ovviamente si tratta di un piatto abbastanza calorico ma l’apporto di calorie può essere ridotto notevolmente eliminando buona parte dei grassi rilasciati dalla carne durante la cottura, arrivando ad un prodotto finale che non superi le 30Kcal ogni 100g. Anche in questo caso, la procedura è molto semplice sebbene richieda del tempo. E’ consigliabile infatti preparare il brodo il giorno prima in modo che possa riposare tutta la notte. In questo modo, con il raffreddamento, il grasso, che ha una densità minore rispetto all’acqua, si separa da essa e viene a galla, formando un velo più o meno spesso sulla superficie, facilmente rimuovibile con l’ausilio di un cucchiaio. Durante la cottura, l’innalzamento della temperatura porta il grasso rilasciato dalla carne ad una temperatura superiore al suo punto di fusione ed esso si ‘scioglie’ in acqua. Con il raffreddamento, avviene il passaggio inverso e il grasso solidifica di nuovo. Per questo motivo, eseguendo questa operazione, non si corre il rischio di ‘non rimuovere’ il grasso!!! Consiglio anche di organizzare preventivamente l’intero pasto prima di procedere alla preparazione del brodo, per un semplice motivo. La carne lessata (ovvero la carne che subisce un trattamento come quello appena descritto), perde gran parte delle sue proprietà nutritive (discioltesi nel brodo, grasso incluso che può, in questo modo, essere eliminato). Di conseguenza, l’assunzione della carne lessata consente di completare un pasto che, con l’aggiunta di verdura e frutta, risulta a basso contenuto calorico ma al contempo assolutamente saziante e nutriente. Diverso è il discorso nel caso in cui si ricorresse alla bollitura della carne (fatta immergendo la carne in acqua in ebollizione e lasciandola cucinare). In questo caso il brodo verrebbe saporito e la carne manterrebbe tutte le sue caratteristiche intatte, compreso il contenuto in grassi, lasciando però il brodo insipido e scarsamente nutritivo. Ovviamente il mio suggerimento ricade di gran lunga sulla prima scelta! Infine un’ulteriore nota di merito a questo piatto va alle sue riconosciute proprietà antinfluenzali, legate ai Sali minerali e agli amminoacidi contenuti al suo interno. I primi contribuiscono ad assottigliare le membrane di muco delle vie respiratorie, tipicamente stagionali mentre gli amminoacidi agiscono direttamente sulle cellule infiammate del sistema immunitario, bloccandole ed impedendo che raggiungano e si accumulino nella trachea scatenando il mal di gola e i sintomi caratteristici dell’influenza. Servito caldo svolge poi un’azione vasodilatatrice, con un effetto fluidificante su muco e catarro. Alla luce di quanto scritto fin qui, non mi rimane che dirvi: godetevi un bel piatto di brodo, buono sotto tutti i punti di vista! Ancora auguri!!! Spesso questa espressione sta a significare che la nostra vita ci sta mettendo di fronte ad una problematica, di varia entità, che richiederà impegno per essere risolta. Molto spesso infatti si usa l’espressione tipicamente romana ‘e mo so cavoli!’ per indicare la situazione nella quale una data azione porterà a delle conseguenze sgradite. Dunque quasi sempre, nelle espressioni gergali, il termine ‘cavolo’ viene usato per indicare qualcosa di negativo, sconveniente, problematico. Ciò è causato, storicamente, da un fattore connesso con la cottura di questi alimenti, ossia l’odore molto fastidioso che viene sprigionato al momento della loro cottura, comunque facilmente gestibile e limitabile aggiungendo del succo di limone o di aceto nell’acqua di cottura. C’è poi da dire che questo odore è un marchio di fabbrica delle indiscusse e molteplici proprietà delle molte varianti di cavoli che potrebbero presentarsi nulle nostre tavole: si tratta infatti di derivati solforati liberati durante la cottura e dovuti alla ricchezza in minerali e vitamine di questi prodotti, soprattutto potassio e fosforo ma anche calcio, selenio, magnesio e rame nonché vitamina C, E, K e vitamine del gruppo B (soprattutto B1, B2, B3, B5, B6 e B9). Per quanto riguarda la vitamina C, il suo contenuto nei cavoli è pari (se non, in alcune varianti, anche superiore) a quello degli agrumi, sebbene sia da tenere in considerazione l’effetto che la cottura causa su questo nutriente. Trattandosi di una vitamina termolabile, le alte temperature cui è soggetta durante la cottura, tendono ad inattivarla abbassando drasticamente il suo contenuto nel prodotto cotto. Per questo motivo sarebbe preferibile, quando possibile, consumare questa verdura da cruda o, al massimo, dopo una cottura rapida possibilmente in poca acqua o, meglio ancora, al vapore o al microonde. La ricchezza in tutti questi micronutrienti bene si abbina anche alla composizione di questi prodotti, essendo costituiti per la maggior parte (tra il 90 ed il 92%) da acqua e ricchi in fibre, con una buona quantità di proteine (circa il 2.5% ed tra l’1 e il 2% della massa commestibile, rispettivamente). La povertà in grassi e zuccheri semplici associabile alla ricchezza di fibre insolubili, li rende dunque un cibo assolutamente ipocalorico ma dall’alto potere saziante, ben inseribile, dunque, in qualsiasi regime alimentare finalizzato alla gestione del peso. Le fibre aiutano infatti l'apparato gastro-intestinale garantendo un corretto transito ed aumentando il volume delle feci; i macro e microelementi di cui sono ricchi i cavoli, possiedono provate proprietà antinfiammatorie. L'infiammazione è anche la causa principale di molte malattie come artrite, patologie cardiache e autoimmuni, in triste aumento negli ultimi decenni a causa degli stili di vita sempre più frenetici e della crescente sedentarietà. Tra le altre proprietà dei cavoli, spiccano quelle antiossidanti, dovute alla presenza di molecole capaci di rallentare l’invecchiamento cellulare e, dunque, di contribuire anche alla prevenzione di varie forme tumorali, non solo dell’apparato gastroenterico ma anche di altri distretti corporei (per esempio, dei polmoni e del fegato ma anche della prostata, grazie alla ricchezza in beta-carotene). Tra queste molecole spiccano gli Isotiocianati, ovvero composti in grado di dare inizio ad un meccanismo che è in grado di bloccare il diffondersi e la proliferazione delle cellule tumorali. Esistono moltissime varietà di cavoli; di alcuni si usa l’infiorescenza (broccolo, cavolfiore, broccoletti) o il bocciolo (per esempio i cavoletti di Bruxelles); di altri si usano invece delle strutture fogliari più o meno complesse (tutti i cavoli veri e propri, quali il cavolo nero, il cavolo cappuccio o il cavolo rosso, ma anche il cavolo verza). Per evitare che perdano parte delle loro proprietà, sarebbe importante consumarli entro 3-4 giorni da quando vengono acquistati, avendo cura di scegliere quelli che non presentino foglie esterne rovinate o appassite e dal colore uniforme e conservandoli sempre in frigorifero. UN SUGGERIMENTO: In un’epoca in cui estratti e frullati vanno molto di moda, perché non provare ad abbinare il cavolo crudo con del limone, dello zenzero ed una o due carote, in modo da ottenere un ricostituente con la R maiuscola, utile a contrastare possibili carenze vitaminiche ed a garantire un rapido recupero da situazioni di notevole affaticamento (per esempio, dopo lo sport). Il post di oggi vuole puntare l’attenzione su un alimento stagionale dai notevoli benefici nutrizionali, che ben si adatta a regimi alimentari ipocalorici perché possiede un buon potere saziante. In più, grazie al suo moderato contenuto in zuccheri prevalentemente complessi (fibre), ben si adatta anche all’alimentazione di pazienti diabetici. Sto parlando della zucca, frutto che nella giornata di Halloween viene usato con altre finalità ma che può benissimo diventare protagonista delle nostre tavole in queste tipiche giornate autunnali.
La zucca, con il suo tipico colore arancione dovuto alla ricchezza in pro-vitamina A e carotenoidi, s'inserisce tra gli alimenti ipocalorici, apportando solamente 18 Kcal per 100g di prodotto. Il suo alto contenuto in acqua e minerali (fosforo, ferro, magnesio e potassio) e vitamine (vitamina C e di vitamine del gruppo B), la non eccessiva abbondanze in zuccheri (circa il 3.5%) e la quasi totale assenza di grassi (circa lo 0,1%), la rendono adattissima in piatti ipocalorici gustosi e leggeri. Praticamente tutte le parti di questo frutto vengono utilizzate, sia su base alimentare che come rimedi nutraceutici. Se è infatti vero che rappresenta un condimento per molti piatti o un contorno sfizioso contribuendo alla prevenzione dalle principali forme tumorali nonché espletando buone proprietà rinfrescanti, diuretiche, lassative e digestive, un largo uso viene fatto anche dei suoi semi, molto usati in fitoterapia come rimedio per parassitosi del tratto gastroenterico (prevalentemente cestodi ed ascaridi). Tali proprietà sono da ascrivere alla presenza ed abbondanza di cucurbitina, tocoferoli, tocotrienoli, steroidi (1%), proteine, pectine ed olio grasso all’interno dei semi. L'olio ricavato dai semi si zucca è ricco di acido oleico (grasso monoinsaturo) e linoleico (omega-6): questi acidi grassi espletano la loro attività terapeutica in sinergia con carotenoidi e protoclorofille, come rimedio naturale per l'iperlipoproteinemia (ossia aiutano a prevenire condizioni patologiche di aumento dei valori di grassi nel sangue permettendo di mantenere bilanciati i livelli di trigliceridi e colesterolo). Dunque largo uso a questo prodotto tipico autunnale, ben adatto ad essere presente sulle nostre tavole in abbondanza, perché no, anche abbinato ad un buon riso o altro cereale in chicco per ottenere un ottimo primo piatto da consumare a pranzo. Il post di oggi vuole essere un manuale di interpretazione di un parametro, l'Indice Glicemico (IG), il quale sta acquisendo una sempre crescente importanza tra coloro che hanno il compito di elaborare piani alimentari bilanciati.
L'IG contraddistingue la capacità, intrinseca ad ogni alimento o a piatti elaborati dall'insieme di più alimenti, di innalzare i livelli di glicemia ematica dopo l'assunzione dello stesso. Il meccanismo che si instaura a livello digestivo e che segue l'ingestione di alimenti contenenti zuccheri, prevede in prima istanza che essi vengano scomposti nella loro forma base (nella maggior parte dei casi, glucosio). Saranno proprio i valori di glucosio derivanti dalla digestione di un alimento a causare il rilascio di insulina, a permettere che essa riesca a rimuovere tutto questo zucchero dal lume intestinale e a veicolarlo nel torrente sanguigno per rifornire di zucchero il cervello, i muscoli e gli organi interni e, là dove il glucosio sia ancora presente, ad utilizzarlo per produrre delle scorte durature, convertendolo in massa grassa. Detto così, potrebbe sembrare un valore da guardare con ansia invece rappresenta un parametro da gestire correttamente, in tante situazioni: 1) uno sportivo ha necessità di alimenti ad alto IG subito prima e subito dopo lo sforzo fisico, per caricare i muscoli e consentire loro di rendere al massimo e per ricaricarli il più rapidamente possibile appena lo sforzo sia completato; 2) la mattina, al risveglio dopo un digiuno notturno prolungato causato dal riposo, il nostro organismo ha consumato 'benzina' e ha bisogno di un corretto apporto di tutti e tre i macronutrienti, senza esagerare con nessuno di essi. Dunque sono da preferire assolutamente colazioni complete (giusta dose di proteine, carboidrati anche ad alto IG e grassi) a colazioni sbilanciate in favore di un solo macronutriente. Nell'ambito della nutrizione, la base di un'alimentazione bilanciata sta nel giusto connubio tra le qualità e la qualità dei cibi che si vanno ad introdurre. Questo è il motivo per il quale è così complesso poter affermare 'sto mangiando correttamente' e diviene fondamentale il ruolo di una guida ESPERTA quale il Biologo Nutrizionista. Senza questa esperienza, potranno passare messaggi molto sbagliati quali, uno su tutti, 'eliminare alimenti ad alto IG è fondamentale per dimagrire'. Beh, permettetemi, si tratta di un'assurdità esprimibile solamente da persone che, per ignoranza, ritengono di poter pronunciare affermazioni sbagliate millantando esperienze che non posseggono nella maniera più assoluta. Dunque ricordatevi, ogni cibo, anche il più salutare, può diventare veleno ma nelle giuste quantità, rappresenta un mattoncino indispensabile per poter costruire un corpo sano e funzionale. Ciò è vero ed inconfutabile anche per gli alimenti ad alto IG. Non date retta a chi consiglia di eliminare di netto alcuni alimenti (allenatori in palestra che sottolineano la necessità di abusare in proteine per mettere massa, erboristi o farmacisti che promuovono, spesso, un inutile ricorso ad integratori alimentari, centri che trattano di alimentazione umana senza averne i titolo e le basi giuridiche, ecc ecc...) bensì affidatevi a chi li sa introdurre correttamente all'interno di un'alimentazione sana e diversificata oppure che sappia motivare scientificamente la ragione della loro esclusione 17/9/2017 0 Comments Un po' di chiarezza sulla professione del Nutrizionista, su chi può svolgerla e sul ruolo del Biologo NutrizionistaL’oggetto della professione di Biologo Nutrizionista è stabilito dalla Legge 396/67 che, all’art. 3 (lettera b) attribuisce al biologo, tra le varie competenze, la valutazione dei bisogni nutritivi ed energetici dell’uomo sia in condizioni fisiologiche, sia patologiche.
Tali competenze vengono ulteriormente ribadite nel recente D.P.R. 328/2001. L’art. 3 della legge 24.5.1967, n. 396 afferma testualmente che formano oggetto della professione di biologo le attività di “valutazione dei bisogni nutritivi ed energetici dell’uomo”. Il decreto del Ministero di Grazia e Giustizia n. 362/93 – attribuisce ai biologi la “determinazione della dieta ottimale individuale in relazione ad accertate condizioni fisio-patologiche … la determinazione delle diete ottimali per mense aziendali, collettività, gruppi sportivi, ecc., in relazione alla loro composizione ed alle caratteristiche dei soggetti (età, sesso, tipo di attività)… la determinazione di diete speciali per particolari condizioni patologiche in ospedali, nosocomi…” (v. Cons. Stato, sez. V, 16.11.2005, n. 6394, in Foro Amm. Cons. St. 2005, 3305). ll Consiglio Superiore di Sanità ha reso due pareri in merito alle competenze del biologo in materia di nutrizione. In premessa, il Consiglio ha precisato testualmente, con la sentenza n.6394/05: ” …che le competenze del biologo in campo nutrizionale afferiscono ad una serie di atti e attività, fra le quali: l’elaborazione di diete, sia in funzione dei fabbisogni nutritivi sia in funzione delle intolleranze alimentari; l’elaborazione di diete destinate sia a soggetti sani sia a soggetti cui è stata destinata una patologia; il consiglio o l’indicazione di integratori/supplementi alimentari e altri prodotti dietetici di libera vendita” (Parere del Cons. Sup. Sanità del 15/12/2009, pag.2), concludendo poi che: “il biologo può autonomamente elaborare profili nutrizionali al fine di proporre alla persona che ne fa richiesta un miglioramento del proprio benessere, quale orientamento nutrizionale, finalizzato al miglioramento dello stato di salute” (Parere del Cons. Sup. Sanità del 12/04/2011). L’iscrizione all’Ordine Nazionale dei Biologi (ONB), previo superamento dell’esame di abilitazione, è condizione necessaria per poter esercitare la professione di Biologo Nutrizionista. ALTRE PROFESSIONI POSSONO OCCUPARSI DI NUTRIZIONE MA CON DEI LIMITI Il Farmacista: Deve essere in grado di consigliare e indicare il corretto utilizzo di prodotti dietetici, integratori alimentari, etc., ma non può prescrivere diete. Il Tecnologo Alimentare: Conosce bene i processi produttivi degli alimenti e può orientarne le scelte in funzione della qualità, ma non può prescrivere diete. Il Dietista: Sebbene abbia seguito un corso triennale in Alimentazione e Nutrizione, per poter elaborare una dieta specifica necessita della prescrizione e supervisione del Medico. PERCHE' RIVOLGERSI AL BIOLOGO NUTRIZIONISTA Il Nutrizionista quindi, è una figura professionale che attraverso un percorso di rieducazione alimentare volto a modificare stili di vita scorretti, è in grado di aiutare il paziente a gestire la propria alimentazione in modo sereno e senza ansie, con l’obbiettivo di assicurarne il benessere psico-fisico. La tintarella estiva, quando presa nei modi e nei tempi giusti, rappresenta un validissimo alleato per la nostra salute in quanto l’esposizione ai raggi solari consente al nostro organismo di sintetizzare fino all’80% del nostro fabbisogno di vitamina D. Accanto a questo aspetto, il ruolo dell’esposizione al sole e della tintarella ha anche risvolti psicologici. L’esposizione al sole spinge l’organismo ad aumentare la produzione di due importanti molecole fisiologiche quali la serotonina, l’ormone del benessere, e la melatonina, che contribuisce ad alleviare l’umore nero. Inoltre, l’esposizione ai raggi ultravioletti è valutata come un ottimo rimedio contro la depressione. Per tutti questi motivi, lo stato di benessere associato alla tintarella presa durante l’estate è importantissimo! Dunque… perché non impegnarsi per mantenere la tintarella più a lungo??? A tal riguardo, un aiuto importante ci viene, come spesso ripeto, dall’alimentazione.
La scelta di alcuni alimenti, grazie alla loro ricchezza in molecole utili a garantire il benessere della nostra pelle, può aiutare a garantire un mantenimento più duraturo dell’abbronzatura estiva così faticosamente raggiunta. A tal riguardo, un ruolo chiave lo gioca l’acqua in quanto idratarsi correttamente, garantendo al nostro corpo un supporto idrico pari ad almeno 1,5/2 litri di acqua al giorno, ben distribuiti durante tutta la giornata, aiuta a preservare la corretta elasticità cutanea e a limitare il cosiddetto ‘effetto lucertola’, ovvero quella desquamazione che si verifica quando la pelle, traumatizzata dal sole e non sufficientemente idratata, inizia a staccarsi per garantire un naturale rinnovamento della nostra barriera contro gli agenti atmosferici. Un primo alleato è sicuramente il beta carotene di cui sono ricchi tutti gli alimenti di origine vegetale caratterizzati da una colorazione giallo/arancio o verde. Questo nutriente contribuisce a stimolare il nostro organismo a produrre la melanina, una difesa naturalmente prodotta dalla nostra pelle per difenderci dagli effetti negativi delle radiazioni solari e che, tra l’altro, è la prima responsabile del cambiamento di colore che sta dietro la nostra tanto agognata tintarella. In più, il beta carotene è un precursore della vitamina A, altra molecola dal grandissimo potere antiossidante e in grado, tra le molte altre funzioni, di ‘mantenere giovane’ la pelle. Dunque largo spazio a pesche, albicocche, peperoni, meloni, angurie e, primo fra tutti gli alimenti, le carote. Altro importantissimo alleato sono gli alimenti ricchi in sostanze antiossidanti poiché l’esposizione ai raggi solari, soprattutto nelle ore più calde e ai raggi UVA e UVB, induce nelle nostre cellule la formazione di un maggior numero di radicali liberi (per questo risulta essere importantissimo l’uso delle creme solari con un adeguato fattore di protezione). Dunque largo ad un notevole uso di alimenti di origine vegetale (frutta e verdura), naturalmente ricchi di sostanze antiossidanti tra cui ricordiamo le vitamine A, C, E, il selenio e il coenzima Q-10. Validissimo alleato e ottimo antiossidante è il licopene, una sostanza che aiuta la pelle a resistere a lungo all’esposizione solare e ricchissima in tutti gli alimenti di colore rosso quali, primo fra tutti, il pomodoro ma abbondante anche nelle angurie e nei peperoni. Riguardo al licopene, una piccola precisazione è doverosa: si tratta di una molecola liposolubile, che dunque si scioglie nei grassi. Per questo motivo, per garantire al nostro organismo di assorbirla come si deve, è necessario abbinarla ad un prodotto contenente grassi quali l’olio d’oliva, della frutta secca o del buon pesce. Questi cibi (fra I quali ricordiamo il pesce azzurro, il salmone, le noci, le mandorle, ecc.), ricchi di acidi grassi della serie omega-3 e omega-6, sono tra gli altri alimenti utili per ‘allungare la vita della nostra tintarella’. Dunque ampio spazio anche ai grassi mono e polinsaturi presenti negli olii di origine vegetale quali l’olio extravergine d’oliva (EVO) e l’olio di girasole. |
AutoreLorenzo Traversetti, Biologo Nutrizionista esperto in nutraceutica e dietetica applicata alla gestione della forma fisica e di stati patologici Archivi
Novembre 2018
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